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Favole del terzo millennio
pelle di luna
pelle di luna amava tutto e tutti. ogni cosa, animata e non animata, ogni avvenimento, la interpenetrava e scambiava con lei sensazioni, emozioni. in simbiosi.
percepiva tutto in modo esponenziale collegata com’era in continuo espandente contatto con il cosmo.
la gioia e l’amore dell’ universo si riversava in lei e la riempiva di vita colmandola di energia vitale pura.
si chiamava così perché il suo corpo era di una bellezza trasparente e scintillante come un cristallo di rocca. il chiarore emanato dalla pelle le creava un alone di luce bianca brillante intorno alla persona. illuminava tutto ciò che incontrava. anche la notte più nera.
la sua esistenza era un susseguirsi di cose gradevoli e tutte a portata di mano.
il pensiero si trasmutava in realtà e quello che serviva era lì per lei come per tutti senza distinzione. normale e tranquillo.
le piaceva creare nuovi colori con toni e sottotoni che inondavano ogni cosa al suo passaggio. e giocando con la sua luce lasciava, ogni tanto, delle piccole gocce luminose sul terreno come semi, che, secondo il comando ricevuto, diventavano fiori, oggetti o animali.
ma questo gioco era molto serio perché sua rimaneva la responsabilità delle cose create. quindi monitorava regolarmente le sue creazioni in modo che tutto procedesse alla perfezione.
aveva classi di piccoli esseri che imparavano da lei a controllare l’energia e a lavorare con essa per creare qualsiasi cosa che avesse composizione atomica.
l’ultimo periodo dell’apprendimento , quello della maturità, era dedicato alle facoltà superiori. altre persone, che lei conosceva poco, si sarebbero occupate dell’educazione e dello sviluppo spirituale.
ogni giorno, durante le due aperture della porta del tempo, seduta, assorbiva il suo nutrimento qualificando , secondo i colori dello spettro, l’energia di cui aveva bisogno.
un giorno correva felice su un prato verde-blu, mentre la mano sottile del vento accarezzava la pelle e scompigliava i capelli. - il respiro dell’aria la emozionava sempre e la faceva sentire leggera, evanescente. senza peso ed in grado di lasciarsi trasportare abbracciata da mani invisibili e avvolgenti.-
aveva rallentato la corsa e assaporava il fresco sospiro che puliva le sue cellule aurifere con tanta estasi che si sentì portare in alto espandendo la sua coscienza oltre.
quando un uccellino che stava cantando sul ramo, guardandola arrivare, le chiese: “ chi sei?”
uscì così velocemente dal suo stato di quiete che si sentì malissimo. quasi sdoppiata e debole ebbe paura.
pelle di luna, che era convinta di conoscere tutto quello che c’era da sapere, si fermò impietrita non sapendo cosa rispondere.
era la prima volta che succedeva.
ritornò al suo stato di quiete e ricondusse le sue auree in centratura sul corpo.
riallineato il sistema si concentrò sull’oggetto che aveva provocato lo scompiglio.
davanti a se vide un pennuto coloratissimo con una lunga coda. la guardava inclinando il capo prima a destra, poi a sinistra, in attesa della risposta, dondolandosi sui piedini come stesse eseguendo una danza sacra.
gli occhi neri, fissi, penetravano i suoi e sembravano scavarle dentro.
la domanda che le aveva rivolto era semplice ma l’interrogativo, molto pressante, esigeva un’analisi profonda.
una sensazione sconvolgente mai provata e che non sapeva descrivere, opprimeva il suo petto.
non aveva sentito prima di allora un dolore così lancinante. come se un buco nero, al centro del suo cuore, ruotasse fortissimo risucchiandole ogni forza e luce.
lentamente, ponendo attenzione alla domanda, si sedette all’ombra di un grande albero e chiuse gli occhi.
il dolore era molto forte ed allora prese un respiro profondo e rilassò tutto il suo corpo. ogni muscolo, organo e tessuto distese le sue fibre atomiche e tutto si calmò.
pelle di luna non aveva mai chiesto di più. era felice così.
aveva tutto a disposizione e niente, pareva, mancasse alle sue splendide giornate.
e se lei fosse stata così leggera da non volere approfondire il significato della sua vita?
possibile che fosse stata così ignara di se stessa?
queste e molte altre domande affollarono lo spazio intorno a lei.
ma più chiedeva e più il disagio aumentava.
ecco chi era. pensò.
un essere ignaro di se.
qual’era lo scopo della sua esistenza?
era tutto qui?
impossibile. doveva esserci di più altrimenti era inutile. la sua vita e tutto il resto. un nonsenso.
gli anziani. doveva andare da loro.
era giunto il momento di conoscere, di capire.
nel buio della mente un grande occhio apparve guardandola profondamente. lei si tuffò nel blu dell’iride e si fuse con l’infinito.
niente riuscirebbe a descrivere la sensazione potente, infinita e allo stesso tempo dolce, che riempì il suo essere. le visioni erano talmente veloci che sprazzi di luce illuminavano continuamente il suo secondo cervello.
fino ad allora non credeva esistesse altro che il mondo esterno. ed invece, come il suo sguardo si posò dentro l’anima, vide colori mai visti. pieni di una luce talmente bella che le lacrime cominciarono a scorrerle sul viso.
le labbra, insaporite dai cristalli di sale, si allargarono in un dolce, triste e gioioso sorriso.
nel silenzio della meditazione la musica delle sfere esplose improvvisa e prorompente inondando tutti i suoi corpi.
ogni quanto del suo essere vibrò all’unisono con il canto cosmico.
pelle di luna cominciò a viaggiare attraverso universi paralleli, dimensioni e stati di coscienza raccogliendo i pezzi del suo spirito divino.
galassie, costellazioni e corpi celesti si aggregarono, come tessere di un puzzle, formando il corpo del tutto.
la consapevolezza di una fonte luminosa interiore più grande, bella e calda, riempì ogni atomo del suo corpo. un’ondata di sensazioni le invase il cuore e la luce scoppiò in mille stelline dorate al momento che la risposta apparve chiara dentro la sua mente.
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